Sottrarsi al divenire ( è praticamente inutile )

Al centro culturale Trebisonda l’installazione artistica di Massimo Diosono. In mostra sei opere pittoriche che rappresentano la lettura personale della tradizione tibetana dei “ Màndala “.

“ Entwerden”, ovvero “ Sottrarsi al divenire “. E’ il titolo dell’installazione artistica di Massimo Diosono, socio fondatore del Centro culturale “ Trebisonda” e manipolatore di segni da oltre venti anni. La mostra, che verrà inaugurata sabato 18 marzo negli spazi di via Eugubina a Perugia, si articola in due diverse installazioni allestite nei due piani dell’edificio che ospita “ Trebisonda”. Al piano terra sono collocate sei opere pittoriche a dominante grigia che rappresentano la personale lettura di Diosono della tradizione tibetana dei
“ Màndala” , che si affacciano, appese al muro, ad un Màndala costruito sul pavimento con ceneri, anch’esse ovviamente di colore grigio o grigiastro.
Al secondo piano quadri ancora in cenere che riprendono gli esagrammi dell’ I Ching, il libro di divinazione cinese che tanto interessò e coinvolse il celebre psicanalista Carl Jung.
La poetica dell’opera di Diosono è incentrata sulla consapevolezza dell’impermanenza dell’essere umano, dei suoi conflitti e delle sue personali ambizioni ( o perversioni ). La lezione che le sue opere mirano a trasmettere è quella dell’inutilità ad opporsi all’impermanenza, fonte di disagio e ansietà per il proprio futuro di persone. La cenere, il Màndala in particolare, sono le espressioni più concrete di quanto le vicende terrene trascorrono senza lasciare traccia. Il dialogo che si instaura tra le opere ferme, incorniciate e appese al muro, e il Màndala di cenere disegnato sul pavimento che facilmente può venire calpestato e distrutto, evoca con trascinante pregnanza la dialettica presente in ogni essere umano tra la caducità della vita e l’energia immanente della trasformazione continua dell’universo mondo.
Una riflessione profonda che ha caratterizzato secoli di meditazione nel lontano Oriente dando forma e visibilità a grandi correnti di pensiero, dal Buddhismo Zen a quello Tibetano, all’I Chung appunto, nel quale la vita è interpretata come una ruota che dal suo massimo apice ritorna velocemente e senza preavviso al limite più basso, senza giudizi di valore ma come dinamismo interno tra micro e macrocosmo. Un dialogo che rispecchia l’individuo nel proprio destino, una contrapposizione tra Oriente e Occidente che intende produrre un vuoto al cui centro si pone l’azione-non azione, il flusso inarrestabile del divenire, l’io inserito nel mondo su cui Jung ha meditato a lungo soprattutto intorno alla teoria degli archetipi.
La cenere poi, come elemento di sostanza, contiene in sé una sommatoria estremamente significativa: è il prodotto di una combustione, si usa come detergente ancora oggi in alcuni lontani Paesi dell’estremo Oriente, fertilizza le coltivazioni, dunque rappresenta in maniera concreta e tangibile la fine delle cose
( la combustione ) e il loro inizio ( il concime per le piante ). Un ponte tra passato, presente e futuro che nella dualità del Tao ( Yin e Yang ) ricompone la frammentazione in unità, l’unità primordiale tra grande e piccolo, la presenza a sé stessi e l’impermanenza.
Il cerchio, simbolo riconosciuto da ogni cultura e civiltà, si chiude e al suo interno risuona la purezza e la sottrazione, e dove opporsi al divenire diventa non solo uno sforzo ciclopico ma alla fine inutile e senza senso. Da vedere.